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Conoscere peggio

Freddy Nietzsche sulle rivolte nel vicino oriente;

Mentre vedo una ex fidanzata di Bettino Craxi discettare di politica del Mediterraneo in televisione, mi viene in mente che devo scrivere una cosa. E quindi la scrivo.

Nessuno di quelli che la sanno lunga, quelli che vedono i grossi movimenti di potere dietro a tutti gli avvenimenti — no no, non parlo dei cospirazionisti che danno la colpa ai loro nemici, parlo degli osservatori che danno la responsabilità ai loro conoscenti — di portata geopolitica, ha previsto quello che sta succedendo. Nessuno.

Per anni gli analisti di destra hanno raccontato che è cosa buona e giusta, che si fa così, declinando quel «così» alla bisogna, o verso le bombe democratiche e la libertà di intervenire sulla base di porcatroia, oppure verso una o l’altra strategia, andando un po’ a occhio, a röda, a posteriori. Un po’ come fanno gli esegeti di Nostradamus, questi osservatori hanno sostenuto che tutto sarebbe andato come doveva andare, Obama — che,  scherziamo? — o non Obama, poche palle.

Poi succede che un paese arabo si sollevi, senza che a comandare univocamente siano signori della guerra, estremisti, nemici della democrazia, orgogliosi difensori dello status quo. Succede che la tattica cominci a diffondersi con la velocità della mononucleosi in gita scolastica. Succede che l’alleato preferito venga rovesciato, che gli americani lo smollino, che l’equilibrio della zona e il confine con Israele non siano il baluardo granitico da difendere per contenere qualsiasi tensione.

Questo cosa significa? Che ho ragione io e loro hanno torto?

No.

Ma le cose sono molto più complesse di come ce le avete raccontate. Il più grande segno della disonestà intellettuale dell’amministrazione Bush è stata la semplificazione ideologica della visione del mondo. L’idea che mezzo mondo pensasse seriamente di poter dire “the Arabs” e descrivere qualcosa di sensato; l’idea che le cose fossero semplici di quella semplicità che fa scuote la testa; l’idea che bastassero cinque minuti per capire perfettamente i problemi del mondo, come se i popoli e i paesi fossero concorrenti della «Corìda», come sta dicendo proprio ora Flavio Insinna in tv.

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