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mar 19 ottobre h18.30 – Incontro di educazione alimentare organizzato e tenuto da Maurizio Izzo

Il cibo che non nutre

Nel mondo oltre un miliardo di persone si nutre essenzialmente di una radice, la manioca o cassava, un tubero originario del Brasile oggi diffuso in tutta l’America meridionale e soprattutto in Africa. Con le oltre duecento milioni di tonnellate prodotte all’anno la manioca è tra le colture più diffuse al mondo, la terza tra i carboidrati, la più economica e ricca di amido. Tutto bene visto che la manioca cresce praticamente spontanea anche nelle zone più povere ? Non proprio se consideriamo che questo “miracoloso” tubero è privo di proteine e vitamine, praticamente amido allo stato puro. Alimentarsi prevalentemente di manioca significa riempire lo stomaco di una sostanza priva di valore energetico ma che riesce a neutralizzare lo stimolo della fame. E’ quello che fanno milioni di persone, bambini fin dai primi mesi di vita, in Africa dove la lavorazione della radice e il suo consumo sono diffusissimi e spesso di fatto l’unico alimento disponibile. Nei campi cresce rigogliosa con piante che arrivano a misurare anche oltre 5 metri di altezza ma è sottoterra che gli uomini vanno a cercare. Con i machete tagliano la pianta alla base ed estraggono la radice. Un grosso tubero, lungo fino a 80 centimetri e largo 5, bianco all’interno, che a questo punto necessita di un attenta e delicata preparazione perché contiene sostanze tossiche, tra cui il cianuro. Una volta estratto il tubero viene spaccato, tagliato a pezzetti e immerso nell’acqua. Dovrebbe stare nell’acqua corrente per almeno due giorni in modo da perdere le sostanze tossiche ma siccome in Africa l’acqua corrente è un sogno, le donne immergono i pezzi di manioca dentro a grossi bidoni di plastica pieni di acqua. Ovviamente in questo modo le sostanze tossiche non si disperdono ma si concentrano nell’acqua che poi spesso sarà usata per irrigare i campi! A questo punto i pezzi della radice vengono stesi al sole a seccare e successivamente saranno tritati finemente in modo da ottenere una farina. Non è un prodotto adatto a particolari usi in cucina, la farina può solo essere nuovamente miscelata con acqua e cotta fino ad ottenere una specie di purea che può essere mangiata da sola o nei casi più fortunati accompagnata alla carne. Jude Thaddeus Okolo è il nunzio apostolico in Repubblica Centrafricana, uno dei paesi più poveri al mondo e dove l’uso della manioca è più diffuso e da anni si spende nel tentativo di contrastare l’abuso di questo prodotto, spesso in contrasto anche con le organizzazioni internazionali come la FAO. “E’ un lavoro di consapevolezza quello che dobbiamo fare, dice, e non è affatto facile nemmeno con le persone più informate. Il fatto che la manioca contenga cianuro è una realtà, che i procedimenti per eliminare le sostanze tossiche siano lunghi e faticosi noto , e che la continua assimilazione di questi veleni produca danni cerebrali pure”. Quello che in molti cercano di dimostrare è che un alimentazione basata prevalentemente se non esclusivamente sulla manioca produce danni irreparabili nella persona fino a determinare un blocco nello sviluppo delle attività cerebrali. “La persona, dice ancora il nunzio apostolico, è condannata a vivere la routine senza saperlo”. Nel caso dei bambini poi la situazione è ancora più grave e l’alimentazione a base di manioca è una delle principali cause delle infezioni gastriche e spesso della morte, ma anche quando dovessero sopravvivere la mancanza di proteine e vitamine, soprattutto nei primi anni di vita, si rivelerà determinante negli anni successivi.

L’ospedale che da poco più di un anno Emergency ha aperto a Banguì, la capitale della Repubblica Centrafricana, è l’unica clinica pediatrica del paese. Ogni notte davanti al cancello si forma una lunga coda di donne che arrivano qui, spesso a piedi e dopo aver percorso decine e decine di chilometri. Sanno che qui troveranno medici attenti e disponibili per i loro bambini. Qui, conferma xcxcxcx uno dei giovani medici che lavora nell’ospedale, si muore ancora di banali malattie infettive e di febbri intestinali, ma le patologie più comuni sono comunque legate a carenze alimentari. “Sono tanti i bambini che arrivano qui in fin di vita, gracili fino all’inverosimile, per molti di loro fino a quel punto l’alimentazione è stata solo la manioca”. I medici, grazie alla preziosa attività del personale locale, spiegano alle donne la gravità della situazione, si fanno carico dell’emergenza ma poi possono solo sperare che una volta fuori di qui la famiglia trovi le risorse per assicurare ai bambini le proteine e le vitamine fondamentali alla sopravvivenza. E spesso non è solo un problema di risorse. Non a caso i progetti di educazione alimentare ma soprattutto di sostegno all’agricoltura sono ormai tra i più diffusi tra le ONG che operano in questo disgraziato paese. E’ un lavoro difficile che va fatto nei villaggi più remoti dove anche solo introdurre un piccolo aratro o coltivazioni alternative come il mais, la soia o il sorgo è un impresa. La maggior parte dei giovani nelle campagne vive tagliando legna nelle foreste e trasportandola a mano per chilometri verso la città. Una vita di stenti e fatica per chi non può permettersi nemmeno un asino. E la verità è proprio questa, l’attività prodotta da quei ragazzi, il loro lavoro quotidiano che li sfinisce e li uccide non solo non è sufficiente a comprare un asino ma non sarebbe nemmeno sufficiente a mantenerlo.

Ecco perché la manioca con la sua naturale e rigogliosa crescita è sembrata per secoli una manna ed ecco perché oggi è diventata anche una condanna.

BOX

E’ il microcredito lo strumento su cui la cooperazione internazionale punta per incentivare la coltivazione di prodotti agricoli nei paesi del Sud del mondo. Piccoli prestiti concessi a persone che non potrebbero mai avere i requisiti per ottenere un prestito bancario ma soprattutto in zone dove una banca non metterebbe mai una propria sede: Ecco che allora ciò che non fa l mercato e meno che mai lo Stato lo fanno le ong.

Come la fondazione “Un raggio di luce” un organizzazione di Pistoia che ha aperto sportelli di microcredito in Tanzania e

Repubblica Centrafricana. I prestiti ammontano a poche decine di euro e vengono concessi prevalentemente alle donne per l’acquisto di sementi, animali da allevamento o attrezzi per la lavorazione della terra. Di solito con il primo raccolto è già possibile restituire il prestito e magari contrarne uno nuovo per un ulteriore sviluppo della produzione.

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