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Brac’s art on table – Simone Martini

martini

 

Brac’s Art on table, la mostra “orizzontale” della Libreria Brac, è affidata questo mese a Simone Martini e ai suoi scatti in bilico tra reportage e mondi fantastici.

SIMONE MARTINI_

2014 _ 2011

photography

Firenze, 13 dicembre 2011: un militante di estrema destra, Gianluca Casseri, impugna una 357 Magnum e uccide due senegalesi, Samb Modou e Diop Mor. Sono le 12.30 e siamo in Piazza Dalmazia. Simone Martini è un giovane studente e si trova in quel luogo, in quel momento, ad essere spettatore di quei fatti. Scatta una serie di fotografie, poche come sua consuetudine, “Firenze 13. 12. 11”. Documenta tramite immagini un evento di cronaca, di violenza, di vita.

La fotografia di strada rappresenta per questo giovane fotografo un genere che riconosce e sente come proprio. Nella vita Martini studia informatica, più in particolare programmazione. Sfogliando i suoi portfolio salta agli occhi una forte dicotomia. Egli infatti si muove tra realtà e surrealtà.

Da un lato c’è il modo della fantasia, dell’immaginazione, dell’inconscio. Lo sfogo di una vena immaginifica che si nutre di fumetti e cartoon, inventando storie, simulando la messa in scena di una dimensione parallela, che non appare però propriamente onirica, ma bensì, paradossalmente, più vera della realtà stessa. Le serie “Lucca Comics 2011_2013” e il progetto “Tartana 2013” appartengono a questo filone, nel quale domina il travestimento: parrucche, abiti di scena e maschere sullo sfondo di ambienti reali, mai costruiti. Persone vere, in costume, si muovono e posano in spazi esistenti – sopra un autobus, all’interno del parco di una villa, in una piscina abbandonata. L’assurdo si muove nel reale e lo abita, trasformandolo. L’effetto è, ovviamente, straniante.

Altrettanto spiazzante è imbattersi in un uomo con una maschera a forma di testa di cavallo tra la folla nella metropolitana a Manhattan. Eppure è reale. Questa volta non c’è alcun trucco, ma solo la capacità di cogliere quel frammento e farne fotografia. L’elemento assurdo è anche in questo caso al centro della scena, centro geometrico e narrativo della composizione. Non è sempre così. Infatti, in “Lisboa 2013” rende conto dell’apertura spaziale: contesti in cui la prospettiva è sovrana e l’uomo è fulcro compositivo. Mentre un ribaltamento in primo piano si ha negli ultimi scatti americani, “New York 2014”, nei quali un’umanità, fatta di personaggi più che di persone, è compressa in uno spazio ristretto, simile per certi aspetti alle quinte di un teatro.

Infine, a comporre questa sorta di antologica di Simone Martini, sono le fotografie in bianco e nero “Madrid e Barcelona 2012” e di “London streets 2011”, altri esempi di street photography. In esse non c’è alcuna suggestione. Conta la presa diretta e subitanea di quello che scaturisce dall’incontro tra l’occhio del fotografo e il mondo. Conta l’istante, la capacità di afferrare quel momento, che è qualcosa di unico, avente una sua durata – puntuale – e un carattere irrepetibile. Questi, nell’atto dello scatto, è già ‘passato’ e la sua storia resta grazie a quel click, che, scevro da ogni automatismo, è il risultato di un rapporto diretto con la realtà fenomenica e attiene a ciò che scorre. Elude ogni concettualità e si fa specchio di vita. Fermo immagine di un’incessante scorrimento di fatti, situazioni, uomini e cose coinvolti in un moto perpetuo.

tiziana tommei

 

BIOGRAFIA

Simone Martini è nato a Firenze nel 1990.

Studia informatica. E’ appassionato di computer, programmazione, fotografia e musica. Dal 2012 opera con “Collettivo fotografico gruppo 12”. Di sé e del suo rapporto con la fotografia scrive: «non riesco a descrivere come sono arrivato alla fotografia. L’amore è nato spontaneamente, sicuramente alimentato dalla curiosità e dall’interesse per le arti, per il quale sono stato abituato fin da piccolo. Sono anche un grande amante dei computer e dell’informatica. La tecnologia mi incuriosisce, mi solletica interesse, ma il continuo e veloce progresso non è rispecchiato nella fotografia. Per me la fotografia d’autore è una ricerca del particolare in un mondo standardizzato, dove la pubblicità è, spesso, reiterazione del già visto o del cattivo gusto, e le persone sono flussi di folla disperse in un supermercato o nella via principale di una città. Una visione, quindi, molto pragmatica e lenta, dove la foto viene vista prima nella mente e poi nel display. La fotografia di strada è per me un allenamento; riuscire a catturare divertimento, sregolatezza o situazioni ambigue nel quotidiano vivere. A volte fa sorridere, altre volte no».

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